lunedì 29 giugno 2009

Il pericolo è reale e ben concreto.

Cinque giorni. Cinque giorni soltanto. Poi quello che sarà allora, sarà per gran parte della mia e per tutta la sua di vita.
Cerco in Voi il colpo di genio, indico plebiscito e concorso a premi.
Si vince un pomeriggio al parco.
Cercasi nome per il fido a quattro zampe.

domenica 28 giugno 2009

Dipinsi l'anima su tela anonima

Ho imparato che di colori ne esistono ben più di due. Li ho visti, apprezzati, alcuni perfino conosciuti. Altri ovviamente odiati, prontamente cancellati e poi subito di seguito rimossi. Di alcuni, addirittura, ho pure assaggiato il sapore. Tavolozza un pò confusa per ricordare la sensazione.
Cresciuto nella certezza del bianco e del nero, l'esistenza di tutti quei colori pastello ha poi aperto squarci di disorientamento che ancora oggi - pur dopo averli selezionati e classificati sino alle molecole - esiste e capovolge.
Bianco di base. Colore puro e facile da rovinare. E' proprio lui.
Subito dopo il rosso, quello dell'alta moda.
Poi i colori caldi, dal giallo all'arancione, con punte di scuro di tanto in quando.
Ho imparato la bellezza di questi, il loro benessere e la loro sensazione.
Blu di tanto in tanto. Quello che mi porto dietro da sempre.
Cambio pennello e c'è il nero degli errori. Stavolta ho proprio dato una bella mano. Comprente direi.
Il bianco che fino ad allora era stato lì fa tutto da solo. E' sempre lui, e non gliene frega quasi nulla di me e di dove lo vorrei. Ha come me (o forse io come lui) domande e risposte, paura e orgoglio, sincerità e timori. Se la cava. Richiama i pastelli di cui poc'anzi e in aggiungia porta il verde.
Poi di nuovo come prima.
Stupisce che proprio mentre lo sto per dare perso, quel cazzo di bianco torna prepotente, in me, senza uscire. Rompe in me e per me.
Forse non è così facile riprendere il pennello e riniziare, merito a riconoscenza a chi lo fa, ma eviterei volentieri le botte di nero, che oltre a non dire una sega sulla tela impediscono pure il normale svolgersi delle attività.

sabato 27 giugno 2009

Vaffanculo

velleità [vel-le-i-tà]
s.f. inv.
I - Desiderio inattuabile perché non commisurato alle capacità e alle possibilità di chi lo prova: v. politiche, letterarie; v. di potere, di comando; nonostante l'età avanzata ha ancora delle v.
II - Ciò che è oggetto di tale desiderio: dovresti lasciare perdere certe v.

ERGO NON ESISTONO SOLO QUELLE ARTISTICHE.



mercoledì 24 giugno 2009

Out of side

Mi viene da scrivere che servono energie. Ma non è vero. Quelle ci sono, e le scorte vanno riempendosi. Immaginmo che tutto avvenga stile "siamo fatti così", con la console stile centrale Enel e il direttore dei lavori, che per una volta non viene sanzionato ex art. 6 L. 689/1981, lì a fare il proprio dovere.
Comprensione della differenza tra il crederci e il fidarsi. E' la prima volta che la realizzo. Stai a vedere che inizio a ragionar di fino pure io. Strana comunque la sensazione della scoperta. Scottante come quella del fuoco anni fa, ma almeno stavolta ho salvato le mani.
E' l'archivio che mi frega, che mi sollazza e mi scazza, mi rammenta (ovvio) e mi dirige.
Dicono di me che ho una rara consapevolezza di me, di ciò che mi accade e di cosa accadrà. Dicono anche che nonostante questo ho una certa e più intensa propensione a non interessarmene poi così molto, almeno oggi.
Se sarà si chiamerà Rao.
Forse.

lunedì 22 giugno 2009

Atomi

e molecole.
Le mie dicono che chi lascia la strada vecchia per la nuova, ha imparato una nuova via. Più o meno. Spiegara la speranza di un'emozione non è cosa agevole, così come infondere fiducia o semplicemente spiegarsi a dovere. Tutto un rapido e troppo labile equilibrio. Sul filo di un rasoio che ora mi risuona in testa. Negramaro quasi per caso.

martedì 16 giugno 2009

Cass. SS. UU. 7.5.2003 n. 8827/03

http://www.youtube.com/watch?v=3Oec8RuwVVs

La regola AUREA

La difficoltà dell’evento sta nel riconoscere ciò che si sente.
Sapere che carte si hanno, domandarsi se gli altri le conoscono o se la posta è troppo alta per esser coperta non ha poi tutta questa importanza. Wayne Raney diceva che bisognava liberarsi, non pensare a nulla, se non al verso della strada perché era l’unica cosa che avrebbe potuto influenzare i prossimi metri. Non era uno scemo. Ha fatto una mezza finaccia (e mezza non è un eufemismo) ma il consiglio è buono. Certo, fosse così facile credo che l’avrei già fatto. Dev’esserci ancora qualcosa che mi sfugge.
Sento la differenza di peso e mi domando il perché propenda così tanto verso il ricordo del dolce. Che così dolce poi non è. Fosse crostata di more lo capirei meglio.
Ma sti cazzi.

martedì 9 giugno 2009

Il contrario di uno

Non ho fatto bene, ho fatto. Quello che stava sotto il cielo ho fatto. Se era giusto dovevo sentire in faccia il vento. La giustizia quando arriva rinfresca e rafforza. Ho avuto solo lo sbuffo di averla scampata. L'intenzione mia era buona o cattiva? Questo decide se è stato bene o male. E mi cerco un pretesto buono e non lo trovo, tranne che sono vivo. Stai lì su un bordo e ti paghi la vita senza sapere se il tuo prezzo basta. Il coltello no, s'è ingrassato di sangue, non è più buono per tagliare il pane . L'ho pulito. Te lo regalo, a me ne serve un altro.
Di quel conto era stato già tutto pagato e il saldo era che bisognava alzarsi di sedia, di stanza e di città.

Qualche giorno orsono

La stessa strada, fatta milioni di volte, alla stessa velocità. Sostenuta direi. E come fai a spiegarlo. A descrivere quella sensazione di conoscenza che sta per svanire ma che è comunque lì, presente a se stessa. Perchè l'ago punta sempre verso la sua di direzione, confido nel modo incosciente delle cose e nel fatto che pure io punto la mia.
Non mi serve sapere altro.
Non che altro non vorrei sapere, semplicemente non ne ho bisogno.



mercoledì 3 giugno 2009

Giornatina che te la raccomando. Spero si intuisca il sarcasmo.
Ho scoperto di non aver un orecchio così allentato ai rumori meccanici, partito preso che non son tutti uguali, mi tocca ammettere che li confondo. Il resto me lo risparmio.
Però sono stato al parco e ho fotografato gli uccellini. Che niente non è.

martedì 2 giugno 2009

http://www.youtube.com/watch?v=9L-BeIvqScw

La scomparsa di Icaro, e con lui di tutte le sue piume, decretò la cessazione della materia del contendere. Non morì per ustioni, non è scritto nei rapporti, ma al contantto con i raggi arrivò già esanime. Aumento esponenziale dell'anidride carbonica nell'aria. Asfisia.
Fatto questo già accertato e dichiarato, rientra in un giudicato d'altri tempi, non afferente alla tematica odierna.

La vicenda torna perciò all'attenzione del Lettore come fatto nuovo e diverso, di cui la stessa ricostruzione in fatto è oggetto del malessere. Da contendere c'è ben poco.
Legittima ogni visione degli eventi, pacifica sin da ora se vista con gli occhi dello scrivente, che di difesa ha ben poco ma che, come suo costume e con la lentezza che lo contraddistingue, ha voglia di capire. Non gli altri, perchè questo poco cambierebbe nella sua di vita, ma se stesso.
Da qualche mese alleno la mente, alle parole alle promesse e al ricordo dei fatti. Onestamente, ripercorrendo ora gli eventi, manco inevitabilmente di tanto in quando.
Non esiste motivo alle carenze, esiste la flessione della ratio.
Strana però la circostanza che nel passato prossimo mi preparavo al presente. Nessuna alzata di culo, prima che si metta a piovere c'è sempre tempo brutto.
Come dice la Giagy, conosco i mì cunigli come polli.
Presa di coscienza, coerenza tra detto e fatto, la dichiarata diversità di un rapporto che non esime dalle attenzioni. Penso quello che mi pare, di buono c'è che sono oggettivo.
Sempre stato e sempre lo sarò. E' l'unico modo per dividere le stanze in procura.
L'incapacità di governare gli eventi, perchè mi si tappa. Altra costante. Pure ora.
Mi domando cosa non funziona, cosa ci si oppone a qualsiasi voglia di assecondare la necessità di un rapporto (parlo di/a/da/in/con/su/per/tra/fra, me), parafrasando l'autore.
Di risposte l'auto analisi ne ha date via via diverse, se serve posso fornire il fascicolo.
Non sono un ragazzino in quello che penso, nè nel modo in cui lo penso. Lo sono spero nella fiducia che riservo nelle persone. Nelle aspettative e in ciò che da queste deriva.
Lo sono nel riservo dei miei pensieri, nella mia incapacità di trasformarli in parole. Mi adeguo agli eventi nel modo migliore che mi riesce.
Scrivo di me perchè l'atto è mio, ma sarà vero? Io dico di no.
Una singolare tempistica delle parti, che benchè nell'opposto della situazione si sovrappone.
Mi domando da dove nasce l'affetto e mi rispondo che non lo so. Paresse poco ci vedrei bene.