lunedì 24 ottobre 2011

Paramenti

Nell’arrivare alle nove meno un quarto nell’aula d’udienza della Corte d’Appello di Perugia si rischia di sentire il profumo della giustizia. Profumo effimero, è naturale, ma pur sempre profumo di qualcosa che non si avverte quanto si dovrebbe.
Nell’arrivare alle nove meno un quarto si ha la certezza di aver varcato la porta ancora prima dell’ausiliario cancellerie. Vale a dire luci spente, nessun fascicolo. Nessuna toga sui banchi della difesa o della procura. La scena che ne segue l’avrei intitolata “Paramenti”.
Devo giurare. E’ una formalità, mi rendo conto pure di questo, ma è forse esattamente questo a portare all’attenzione il cerimoniale delle nove meno dieci di mattina.
Entra l’ausiliarie. Mi saluta. Ne avrà visti mille come me. Con sguardo rassicurante mi dice “non sono io la cancelliera. Ma gliela chiamo e l’avverto che deve prestare giuramento”. Le dico di non preoccuparsi. Aspetterò. Non posso fare altro.
Si accendo le luci. Gli affreschi si illuminano. Un balzo al cuore quando l’ausiliario prova i microfoni. Arrivano pure i fascicoli, le toghe. Di corsa arriva la stenografa. Ha una borsa dall’alto tasso di tecnologia. Ecco il portale, i cavi, i cellulari. Il tutto insomma. Passano altri minuti. Arriva un avvocato da fuori. Cerca un fascicolo che non c’è ancora. Arriverà.
Mi chiede se sono la sua parte civile. No, rispondo io. Devo solo prestare giuramento. In bocca al lupo mi dice lui. Ne avrà bisogno. Usi il presente, controbatto io. Così potrò iniziare con il piede giusto. Sorride.
Arriva la cancelleria. E’ nervosa. Piena di appunti. Alcuni avvocati le si avvicinano. Alcuni per salutarla. Lei ricambia calorosamente. Altri per farle domande. Non è il momento. Mi vede. Mi chiama e mi dice di prepararmi.
Indossi la toga. Il Collegio sta per arrivare. Io rido. Non avevo mai messo la toga. Ride pure lei. Però le dona. Dovrebbe venire più spesso da queste parti. Anche l’avvocato di prima concorda. Suona la campanella. Entra il Collegio. Fermi tutti, manca ancora la Procura Generale. Arriva. Siamo pronti. L’aria di paramenti è scomparsa. Il Presidente mi invita a prestare giuramento. Lo leggo. Non so se lo sento. Lo pronuncio. Firma mia, firma sua. E’ andata. Manca quella della Procura. L’appone con tanti auguri. Ricambio. Saluto tutti. Tolgo la toga e inizio.

lunedì 17 ottobre 2011

Ma che discorsi

E' da stamattina che ascolto discorsi, monologhi, massime d'esperienza e di filosofia. Profumo di donna. Un film da vedere. Woody lo conosco. Lo capisco. Lo vivo. Torna però il buon Freccia a dettare passo e cadenza. Giurin giurello, domani vediamo se è vero. Cosa serve. Credo la voglia di entrare nel mio schema. Poi sta a me dosare. Principio fondamentale, la ricerca. Vada per l'insoddisfazione di fondo che ormai non avverto più come ostile. Vada per la morale di Tiziano, per il particolare che per me è regola generale. Ho come l'impressione, a volte, di sprecare tempo ed occasioni. Tengo così tanto a quell'equilibrio che mi porta fuori di casa quando è ancora troppo freddo per uscire. La riscoperta dell'acqua calda. Della pasta che c'andrebbe messa dentro. Ho voglia di vivere. Di vedere tutto ciò che ho già visto. Solo dopo, però, aver visto tutto il resto. Ho voglia di rifare tutto ciò che ho fatto finora. Contemporaneamente però a tutto quello che non ho ancora fatto. Sempre sincero. A volte protettivo. Altre, altre volte spaventato. Le domande son quelle di chi vede già nell'altra l'idea delle parole che si vanno a pronunciare. A dar dell'intelligente guardando gli occhi, quasi mai si sbaglia.
Predico semplicità che non ho. La vicinanza stimola il pensiero. Limite, confine, strumento. Sembra il titolo di un tema di quinta. Vecchie foto. Vecchi documenti. Nuovi colori, quadri, parole, musiche.

sabato 15 ottobre 2011

Vieni avanti cretino

Caffè con humor. E' sabato. Piccola carrellata degli errori, delle occasioni perse e di quelle alle quali una possibilità non l'ho neppure data. A sbagliare non si dovrebbe far peccato. Mi piace il punto della scelta presa al momento. Fatemi la stessa domanda ogni giorno e, molto probabilmente, ogni giorno avrete una risposta diversa. La costanza come sponsor di vita ma anche come cartellino giallo dopo il fallo in scivolata. Un pò come Pelù. Prendermi il mio tempo. E' un equilibrio dentro. Troppo profondo il mio per essere usato di giorno in giorno. Ne serve altro. Serve quello che da la felicità. Nella cena in centro, nel sesso che ne segue. Nel volo da prendere per l'andata ed in quello per il ritorno. Cambierebbe davvero poco con una bonneville sotto al culo. Sarei diverso soltanto io. Perchè infondo è come ci percepiscono che conta.
Sono riservato, introverso ed estroso.

lunedì 10 ottobre 2011

Mou sarebbe orgoglioso di me...

Uno tituli.
Forse la ragione di tanto silenzio. Più probabile la ragione dell'ispirazione altrove. Ed allora non è questione di trovare minuti che troppo spesso abbondano, nè di pensare pensieri che è attività, per fortuna, incessante. E' l'essere fisso sull'obiettivo. Uomo in carriera in un certo qual modo. Ma way. Nessuno dice pure Free way. Come Ponch sulla moto.
Pensavo di essere sempre venuto meglio come amante che come prima scelta. Vivo il venerdì sera d'evasione al Joyce, con entrecote di Angus e negroni. Vivo l'aperitivo del sabato con chi credo avrebbe potuto essere. Vivo il rientro a casa come liberazione. Vivo e, ora, lascio vivere. Trovo intangibile la domenica. Ritrovo il mio cane ad aspettare il momento della passeggiata. Ritrovo serenità nel riappropriami del mio tempo. Trovo il gusto nel Conte di Montecristo e riscopro titolo che vorrei leggere. Dipingo. Perchè ora è la fantasia a ritornare.
Nonostante questo, vado ancora di mille interrogativi. La mia carriera deve ancora iniziare. Sono un cento metri dietro alla partenza. A ventotto anni da compiere tra poco, è un pò pochino. Cambia poco. Cambia nulla per dir la verità.
Ridi stronzo. Perchè è così che si fa. Perchè l'ottimismo non è un profumo. E' una formula segreta. Perchè la reazione è un modo d'essere. Ed io voglio essere. Voglio essere l'appartamento davanti al Morlacchi. Voglio essere ciò che sento possa trasmettere ciò che sono. Non vuol dire nulla. Lo so.
Welcome to the jungle.