lunedì 27 settembre 2010

A volte ritornano

Serve concretezza, senza fronzoli. L’aspirazione ad esser scrittore necessita di un tempo che non ho, che non mi son mai dato e che forse non mi spetta. La negazione mi aiuta a ragionar positivo.
Ciò che manca è la gran parte di me che silente non si schioda. Mi piace perché l’ho coltivata e curata. Aspetto con ansia il momento in cui ci sarà qualcuno in grado di capirmi. La solitudine è un modo d’esser che non m’appartiene; il silenzio si. Inondar con aggettivi e riccioli è bello e buono fintantoché è lettura o visione. Nella vita è il contrappasso a farla da padrone. Ed allora ecco il tempo e lo spazio che mi son preso. Sto bene. Diritto e diretto verso ancora non so cosa. Certezze non abitano da me, ma l’orientamento è di quelli buoni.
Ragiono ancora per principi, son sincero ed onesto. Non m’importa d’esser capito o accettato; ho grosso rispetto per tutti e tutto. Ne voglio altrettanto.
Ho chiodi fissi. Le domande e le risposte. La caparbietà e l’assoluta certezza di non sbagliare mai. Coerenza di fondo. Tutto da capire. Servono volontari e crocerossine. Esame. Stanotte t’ho sognato. E siamo ad uno.

martedì 7 settembre 2010

Sogno che vai pensieri che trovi

Esser così legato ai propri sogni, trovare in loro le aspirazioni e le mie speranze non è poi cosa buona e giusta. Il rischio è quello di confonder l’incoscio con la realtà. A saper da dove vengono le scelte giuste, mi chiederei se ciò che nei miei sogni abita fa parte di quello a cui aspiro.
Mi son perso nel concetto che pur non è niente di stupido, al contrario.
Ho in mente che vorrei esser su di una Harley in questo momento. Stivali neri ai piedi, jeans sia indosso che nelle borse, così come le camicie. Non so perché, ma vorrei anche con me un vestito blu, due bottoni come piacciono a me, e una cravatta a righe anch’essa blu. Ricordo nel sogno la strada, non la direzione. Della meta neanche a parlarne. In questo c’è del vero. Oggi insoddisfatto. E’ palmare la sensazione. Deriva da me, la sento. La fretta della mia targhetta deve fare i conti il tempo che dovrebbe però esser dalla mia. Poi sogno lei e mi chiedo se è, o è stata tale. Il vecchietto di cui poche parole fa m’ha insegnato, tra le altre, a non farmi domande inutili. Rimane l’immagine, la sensazione di benessere. Mi dico che è per questo che mi piace così tanto dormire. Son curioso pure di sapere se ho avuto altre vite, chi ero e chi sarò. Eccezione di incompetenza per materia. Accolta.
Ed allora l’idea del mazzo di fiori si scontra con la realtà delle bustine del thè. Curioso caso. M’è capitato di pensare che ciò che non mi sta riuscendo è, alla fine della fiera, scelta inconsapevole del resto. Dov’è la mia Harley. Ne sento il bisogno. Del rumore, del vento, dell’incertezza di riuscire a star su. La fiducia non si (ri)costruisce: si concede.