mercoledì 4 novembre 2009

Don Camillo Monsignore ma non troppo

Oggi sono in vena, sul pezzo e con la luna in saturno. Il riferimento alla prima va di Leggero, perché anch'io ero nel vestito migliore; al secondo più che un riferimento spetta un riconoscimento al merito, quello di esser per natura finito, definito. Alla luna invece niente da dichiarare, tanto già sa tutto.
Tra le altre, e forse approfittando del vento di bona, m'è stato chiesto quando si smette di soffrire. Andato col velluto che neanche Adriano ci sarebbe riuscito. Non credo si smetta. Non voglio che si smetta. Sarebbe il passo che segna la pena, la misura, l'investimento, il confine e il termine. Sarebbe la goccia che fa traboccare il vaso, sarebbe legittima difesa di certo, ma anche codardia verso se stessi. Agognata tanto quanto temuta. Tutte buone le teorie in merito, ma alla fine è nel libero arbitrio la risposta,la ragione e la convinzione. Cedere il passo equivale a modificar le aspettative, a non esser più delusi o sorpresi. Dio ce ne salvi, ce ne guardi e ce ne preservi. Ora nanna. Torno al mio mondo, quello dei sogni, dove la staccionata bianca l'ho fatta fare, a nero, dal vicino in pensione, dove vedo bella gente per pranzo, dove le mie mucche producono latte fuori quota, dove voto a sinistra perché con la Scaglietti rossa altro non puoi fare, dove a destra porto il Longines perchè tutti dovrebero aver il diritto di saper con certezza che ore sono.

La mia fortuna è che Scaglietti a parte, non è poi così diverso.

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