giovedì 3 settembre 2009

Ludicamente crescendo

Il gioco vale la candela se, e solo se, la cera della candela non va a toccare sul suo nervo scoperto il polpastrello. Servono dieci secondi affinché tutto passi. Se la candela è di quelle da serata preparata ne servono, al massimo venti. Detta così il gioco vale sempre e comunque la candela.
Astraendo si scrive di secondi e di sensazioni. Grandezze ed intensità nient’affatto scindibili come invece lo sarebbe in momenti di bilancio. Tra Aprile e Giugno per intenderci.
Discorso diverso se invece con la cera di quella stessa candela si sigillano lettere, ovvero parole. Si ferma il tempo dato dalla penna, dalla data e dalla virgola che gli sta davanti. Come colata di cemento armato a dar forza ad una parete di pietre già murate a chiusura della porta.
Per intenderci, stile stivali di cemento per un cappotto che non è proprio un indumento.
Riflettendo sulle variabili dell’equazione, sul fatto che in mate non ho mai dato il meglio di me e sul dono della pittura, sul cielo azzurro, sull’acqua bagnata e sul fatto che di boy scout in giro ne incontro sempre meno. Bravo Bruce.

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