domenica 1 marzo 2009

Son desto

perchè ho sognato prima.
Ho sognato non luoghi o persone, ne oggetti o numeri. Quelli non ho mai cercato di seppellirli.
Quello che volevo trasformare in pilastro di qualche ponte erano profumi e scene, sensazioni e sogni. Poca terra buttata sopra. Ne serve di più.
Ci si dimentica troppo spesso che da se stessi non scappi neanche se si è Eddy Mercx; che provarci non equivale proprio a riuscirci. Allora rimuovere perchè di dimenticare non se ne parla.
In questo, i giorni, sono maestri di vita.
Quando avrò occhi troppo stanchi per vedere e mani troppo tremolanti per scrivere saranno loro la mia linfa. Allora scaverò.
Confido nel fatto che non potrò.
Per ora ingombrano, rubando spazio all'oggi.
Quindi archiviare il tutto in soffitta, possibilmente nel lato vecchio.
Vicino ai libri delle elementari, agli scarpini neri modello adidas, numero 36, come quelli Platinì, alla tuta da meccanico che avevo a 14 anni, alla maglia col 14, al kimono e al borsalino del nonno.
Forse è per questo che non adoro dormire.

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